L'accoglienza.. quella vera.. quella dell'amore.





















 La Guest Writer 

Marina Luzzi è una cara collega, ma è anche una volontaria. Una volontaria non per esibizionismo o per noia. Lei crede davvero in quello che fa e mai, un solo minuto, ha mollato i migliaia di profughi giunti a Taranto. Marina si è dedicata a loro e soprattutto ai più piccoli con sincera dedizione, amore, sacrificio e non poche difficoltà.. di vario genere perché l'accoglienza non è cosi semplice come qualcuno può pensare. Marina racconta in modo toccante la sua esperienza.



Oggi è un giorno così 
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Questo è un guest post scritto da Marina Luzzi.


Oggi è un giorno così. In cui guardi in faccia il dolore e piangi. Sperimentare l’impotenza fa parte della vita. Chi sta respirando in prima persona, in queste settimane, il dramma dei tanti profughi giunti a Taranto in cerca di una vita migliore, prima o poi prova questa frustrazione. Lo si mette in conto. A vincere però, alla fine dei conti, è sempre l’amore. Molti in questo periodo mi hanno chiesto il perché di questo impegno smisurato. Io credo di stare vivendo un grande privilegio e vorrei che tutte le persone che amo lo sperimentassero allo stesso modo.
Ogni giorno, provando a dare una mano a chi ne ha bisogno, faccio esperienza della carezza di Dio e mi sento infinitamente piccola ma anche tanto utile. Ogni volta che guardo negli occhi un nuovo arrivato, gli consegno l’occorrente per una doccia, gli chiedo di buttare via gli abiti della traversata in mare e gli sorrido o lo accarezzo, sento di avere tra le mani una possibilità grandissima: quella di dimostrare che il mondo non è solo marcio, che c’è qualcuno che ti può amare per quello che sei, senza chiederti nulla in cambio. Una realtà che sconvolge chi negli ultimi mesi o anni, nella lunga traversata che lo ha portato fino in Italia, ha imparato che tutto ha un prezzo, che bisogna difendersi dagli altri.

Lo sapevate che in Libia le persone di colore vengono imprigionate e torturate, non possono accedere a cure mediche in ospedale  e sono costrette a vivere nella clandestinità o a pagare pesanti tangenti per provare a fuggire verso l’Italia? Ogni uomo, ogni donna che in questi mesi ho incontrato lungo il mio cammino, ha una storia diversa e fa sorridere ascoltare chi liquida la questione con un “aiutiamoli a casa loro”. Noi “occidentalizzati” quella casa l’abbiamo defraudata ed ora pretendiamo di non pagarne le conseguenze!  Nessuno ha piacere a lasciare la propria casa. Finora a Taranto sono giunti siriani, eritrei, sudanesi, nigeriani, del Ghana e del Gambia, del Mali e del Marocco, della Tunisia e del Bangladesh, perfino qualcuno dal poverissimo Burkina Faso. Adesso cominciano ad arrivare anche famiglie palestinesi. I siriani, che scappano via dalla guerra, sono quelli partiti con il denaro in tasca per proseguire il viaggio verso il nord Europa. Il loro obiettivo è stato rimanere il meno possibile a Taranto, per poter varcare quanto prima il confine e passare inosservati. Fantasmi, li chiamano.
























In queste settimane insieme agli altri volontari, ho conosciuto, designer, ingegneri, architetti, docenti, sfuggiti ai bombardamenti e costretti ad andare via in fretta. “Quando siamo riusciti a scampare alle bombe che hanno distrutto casa” – ha raccontato uno dei padri famiglia accolti nei primi sbarchi al palaricciardi – “ho capito che non dovevo più attendere, ed ho portato mia moglie ed i miei figli in salvo”. Per gli eritrei ed i sudanesi diverse origini, alterne vicende, guerre e massacri, e la stessa voglia di non rimanere in Italia. La legge dice che non si può andar via dal Paese in cui si chiede asilo politico. E loro questo lo sanno bene. Per questo fuggono verso l’Europa settentrionale, anche quando sono minori.

Dal baby club, in via Cheradi, dove sono raccolti gli adolescenti non accompagnati, sono scappati in tanti. Ragazzini di cui si è persa subito ogni traccia e che forse oggi vagano, per l’Europa, per ricongiungersi con i propri connazionali.



Per molti si va via dalla violenza, da guerre fratricide e dittature, per altri si fugge dalla povertà estrema, provando a realizzare il sogno di una vita migliore, accarezzato grazie ai racconti su Facebook di chi ce l’ha fatta o alle immagini viste in tv. Il grande inganno questo. Perché non sempre qui li attende ciò che vorrebbero. Ma questa è un’altra storia... e con gli amici volontari ne abbiamo ascoltate tante di storie tra giugno e luglio, così tante che quando i tg raccontano di nuove “morti annunciate” a largo della Sicilia, è impossibile non pensare che ci sono dei Mohammed, dei Mustafà, degli Ibrahim e dei Mamadou, dei  Tamata e dei Celestine degli Emmanuel e degli Aziz... che non conosceremo mai. Non sapremo nulla delle loro vite, degli affetti lasciati lontano, degli obiettivi da realizzare, dei tanti sogni. E allora stringo forte quei ragazzi che invece ce l’hanno fatta e sono qui con noi.

Impossibile non commuoversi vedendo Dennis che mentre gioca  a pallone con i suoi amici si blocca, ascoltando il rumore di un aereo militare. “Libia” – dice solo questo. “Be quiete, no problem. Here you are free” – ripetiamo a Dennis. Se il paradiso potesse essere raffigurato – ho scritto di recente in un mio articolo - avrebbe gli occhi di chi attende l’arrivo dei profughi sistemando tshirt e pantaloncini, spazzolini e dentifrici ed il suono di quell’applauso spontaneo e del “Welcome in Italy” che fa sorridere i nuovi arrivati. Nel centro in cui vengono accolti i minori soli, i cartelloni parlano chiaro. Sogni scritti sulle pareti. Ciascuno il suo.






C’è chi vorrebbe fare l’elettricista e chi il falegname. E poi c’è chi vorrebbe diventare “il re d’Italia”, ignaro che la monarchia da tempo non c’è più. Tante bandiere diverse campeggiano insieme in uno stesso cartellone composto a tante mani, con al centro un “grazie Taranto”. Sono stati fatti da chi per primo è arrivato ed ora è già lontano, serviranno ai nuovi per capire che lì non ci sono più guerre né violenza.

E allora non stupisce vedere gli adolescenti musulmani pregare nei grandi stanzoni sui loro tappetini ed osservare il Ramadan, mentre in giardino, altri coetanei si riuniscono e preparano i canti in inglese per la Messa domenicale. E poi di nuovo tutti insieme per la cena. Li guardi e pensi.

“Forse davvero c’è una speranza. Forse davvero un giorno potremo vivere in un mondo di pace. Forse davvero il bene, alla fine dei conti, vince su ogni male”.














Giornalismo..roba da "INCOERENTI"..



























La vicenda di Luigi Abbate, giornalista tarantino licenziato da Blustar Tv, apre le porte a un fiume in piena i cui argini, ormai da un pò, erano stati oltrepassati. La vicenda di Luigi Abbate apre le porte a diverse riflessioni che avrebbero dovuto essere fatte già da un bel pezzo da tutti quanti noi.

Non ci si può ricordare dei giornalisti o del giornalismo solo perchè oggi è scoppiato un "caso", perchè il licenziamento del collega è stato trasformato in un caso. No, non si può. Nessuno qui è o può essere eroe per caso. Eroe lo si è o non lo si è. Giornalista lo si è o non lo si è. Coerente lo si è o non lo si è. E' una questione di DNA.

Taranto, Ilva e..cambiamenti!!!






























Questa settimana nonostante tutte le "ondate" di eventi che mi hanno travolta, vorrei scrivere soltanto un (e adesso il mio uomo ombra mi abbandonera' definitivamente)  racconto o meglio una sintesi degli ultimi due anni (certamente non semplice) relativa alla vicenda Ilva la cui inchiesta esplose esattamente due anni fa.

Il 26 luglio 2012 esplodeva l'inchiesta Ilva. Un disastro ambientale di immani proporzioni per Taranto, provocato dalla grande industria, dinanzi al quale si resta ancora inermi e sul quale la magistratura e' stata costretta a intervenire dopo le decine di denunce degli ambientalisti. Quel giorno, la deflagrazione dell'inchiesta Ambiente Svenduto sembrava portare a una vera e propria rivoluzione cittadina, una di quelle rivoluzioni che avrebbe consentito un reale cambiamento. Così ad oggi non è. Le istituzioni continuano a restare in silenzio, quelle stesse istituzioni coinvolte a pieno titolo nell'inchiesta, i tarantini - gli stessi delle contestazioni e della manifestazioni - non

Sotto le stelle..di bianco vestiti



















La Guest Writer.
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Federica D'Onghia ha una grande passione per il giornalismo, ma purtroppo è stata una passione non "ricambiata".. ma ha due passioni molto più intense del giornalismo.. Francesco e Federico.. oggi lei fa l'educatrice. Federica, però, è molto di più.. è una donna tutta pepe, simpatica, socievole, energica, dolce.. ma non fatela infuriare perché allora la sua dolcezza si trasforma e sa essere davvero aggressiva.. Federica non sa stare un attimo ferma.. ha sempre mille nuove idee e fa di tutto per realizzarle.. perché lei è così.. tenace.. La settimana scorsa ha organizzato la cena in bianco a Castellaneta.. riuscita perfettamente.. peccato non esserci stata..

Nel post che segue le emozioni di Federica per l'organizzazione della serata.. la testimonianza che quando si vuole davvero qualcosa basta crederci..

Federica voleva questa cena come momento di aggregazione e socializzazione, come momento di dialogo tra persone che si conoscono e che non si conoscono..
E gli ospiti sono stati ben 200.. forse perché oggi, al di là dei like sui social e delle chiacchiere virtuali, c'è ancora una parte di noi che ha voglia di incontrarsi e guardarsi negli occhi per parlarsi..


Sotto le stelle..di bianco vestiti
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Questo è un guest post scritto da Federica D'Onghia.

È difficile descrivere un’emozione, 
lo è ancora di più quando quelle emozioni le hai aspettate per almeno due mesi. 

Questa emozione si chiama Cena in bianco. Una cosa semplice a dirsi, un po’ meno a farsi…per oltre un mese io e Maria (la mia compagna di avventura) abbiamo pensato, immaginato, preparato quella che sarebbe stata una serata magica per Castellaneta.

Prima una pagina su Facebook (Cena in bianco Castellaneta), poi i primi like, le prime adesioni, le idee che di giorno in giorno ci frullavano per la mente, le foto da cercare, le ricette da inserire, gli outfit da suggerire, le domande alle quali rispondere (una su tutte: ma devo portare proprio tutto per la cena????). E arrivato il gran giorno non ti sembra proprio vero vedere quella piazza Cattedrale troppo spesso invasa dalle auto, completamente tappezzata di bianco.



































Ho visto arrivare sin dal pomeriggio persone vestite di bianco, elegantissime, che trasportavano, con mezzi di fortuna e al tempo stesso originali, davvero tutto...


ciò che più mi ha colpito sono state la calma e la serenità con cui le persone hanno preparato allestito, mangiato e poi sparecchiato, il clima di convivialità che si è creato sin da subito e, alla fine, gli applausi ed i grazie per l’esperienza vissuta.
Più di 200 persone si sono iscritte inviando una semplice mail: coppie, single, famiglie, gruppi di amici (il tavolo più affollato era di ben 33 persone).


Prima la preparazione, candide tovaglie ricamate del corredo (beh, sicuramente un’occasione per sfruttarle!) sventolate per essere distese sui tavoli, lampade, candele, palloncini, fiori, profumi, voci, hanno trasformato la piazza. Mi è sembrato che il tempo si fosse fermato per fare spazio ad un’atmosfera davvero magica che ha unito tutti i commensali. Lunghe tavolate agghindate in maniera elegante e puntuale, i piatti del servizio buono, i calici con i quali brindare, il buon cibo preparato per la gioia di stare insieme, ma soprattutto la voglia di partecipare ad una serata unica.


Mise ricercate e al tempo stesso spiritose: bianchi i cerchietti fiorati (come il mio!), i fiori freschi tra i capelli, i cappellini con veletta, le ghirlande, i borsalino portati con eleganza dagli uomini presenti, le gonne lunghe in lino, tutti simboli di allegria e voglia di spensieratezza.

Il sole che tramonta, il silenzio di attesa che cala su tutti, un applauso, duecento tovaglioli che sventolano al cielo. Che la favola abbia inizio!

foto di Daniele Galli








































La vita del Negramaro..in un winebook..



Fabrizio, Gigi, Stefano, Martino. Non sono nomi gettati così a caso. Sono i nomi di quattro giovani tarantini. Sono i nomi di quattro giovani professionalità tarantine. Sono quattro ragazzi con i quali ho condiviso tanti momenti lavorativi belli e meno belli, ragazzi sui quali sai di poter contare, sempre, e che mai ti pugnaleranno alle spalle.

Sono quegli amici su cui sai di poter fare affidamento. Fabrizio è generoso, Stefano è dolce, Gigi è perspicace, Martino è riservato. Ciascuno di loro ha delle caratteristiche, ma una che le accomuna
- e posso dirlo urlando - ed è la genuinità. Perché vi parlo di loro??? Perché ci tengo tantissimo e voglio parlarvi di un bellissimo e simpaticissimo corto con il quale si sono presentati al concorso
Negramaro short movie contest, promosso dall'associazione Filiera Vitivinicola Pugliese del Negroamaro, riuscendo ad arrivare tra i cinque finalisti (17 complessivamente quelli esaminati da una giuria tecnica).

Sono gli unici tarantini in gara. Il loro video rispecchia esattamente le loro personalità perché è fresco, semplice, genuino, spiritoso, originale.  



Il negramaro, uno gioielli più preziosi del Salento, viene rappresentato in un corto intitolato Winebook diario del Negroamaro. Giuro. .è spettacolare.. dovete vederlo, condividerlo e mettere mi piace.. loro raccontano la storia del vitigno in chiave assolutamente attuale e.. social.. si perché il negroamaro è un utente iscritto a uno dei tanti social network e come tale fa selfie sulla spiaggia, posta i video del suo matrimonio e della sua laurea, scrive le citazioni con le frasi che un tempo diceva suo nonno.. il vino visto come un amico, immerso in un mondo di uva, nettare, "mi piace" e "condividi".


























Il vino è convivialità, gioia, socievolezza. E loro ci credono. Per questo motivo hanno voluto realizzare un corto divertente e diverso in cui sono riusciti a valorizzare il Negroamaro, il territorio, la Puglia, la terra e a mettere in risalto il loro lavoro, la loro professionalità, la loro passionalità, la loro personalità.

Allora non resta che dare un'occhiata al Winebook e.. cliccare mi piace..non ve ne pentirete..















Grazie a chi mi vuol bene!!!






























Una faticaccia pensare ogni settimana al diario di bordo.. davvero una faticaccia.. e vi prego non ditelo al mio uomo-ombra che è sempre lì pronto a ricordarmi cosa devo o non devo fare per il blog, quando e come.. vabbe'.. comunque questa volta, cioè per la settimana appena passata,


  • voglio semplicemente ringraziare mia mamma, mio fratello e il mio compagno per la santa pazienza che hanno a sopportarmi.. a sopportare i miei sbalzi d'umore, i miei momenti no.. li ringrazio semplicemente per esserci.. senza di loro ci sarebbero momenti davvero bui.. perché lo faccio??? Perché delle volte ti rendi conto di non ringraziare abbastanza le persone che ti stanno vicino, che ti vogliono bene realmente, che ti amano per come sei..anche se sei veramente insopportabile..
  • e poi non posso che non ringraziare Luca alias uomo-ombra che è sempre presente, sempre.. anche quando me ne esco con cose davvero improponibili.. è lui l'anima del blog e di questo gli sarò eternamente grata.. ma non solo per questo.. perché lui c'è e basta.. (e sempre ci sarò) non solo per il blog.  
  • E grazie, questa settimana anche a chi sta consentendo al mio blog di crescere velocemente con oltre 10.200 visualizzazioni di pagine. Non è poca cosa per chi, come me, ha cominciato per gioco a dedicarsi a questo "diario delle emozioni". Riflettevo in questi giorni sull'importanza dei nostri cari..diamo troppe cose per scontate e non ci rendiamo conto di come il tempo passi velocemente e molto spesso passa senza renderci conto che pensiamo solo a noi.. non riusciamo a dare il giusto valore a chi ci vuol bene senza se e senza ma.. non diamo il giusto valore a noi stessi.. non diamo il giusto valore ai momenti che ci scorrono tra le dita.. GRAZIE.. può voler dire tanto per chi ci ama senza riserve..



Alla Prossima Settimana 
DiScOnNeSsA SeMpRe.






Fede e dubbi




Ci vuole una grande fede per non chiedersi perché,  ci vuole una grande fede per non lasciarsi travolgere dalla rabbia, ci vuole una grande fede per riuscire a perdonare..ci vuole una grande fede per non credere in un dio ingiusto e per credere che un dio esista..ed è in questi momenti che i dubbi e le incertezze ti assillano..




















Taranto...la società nel pallone.




Taranto...la società nel pallone.
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Questo è un guest post scritto da Fulvio Paglialunga


"Il selfie, stiamo lavorando per voi, ma poi forse no,  aspe’ che c’è questo che forse compra, no ma quello non va bene, ma non l’hai visto il curriculum?, c’è quest’altro che ha progetti seri, sì ma quello a me non piace,  ma non stavate lavorando per noi?, sì ma poi ci abbiamo ripensato, il selfie è partito da solo,  allora vendiamo, bene, vendete, no ma forse no, ma come no?,  se non potete, vendete; ok, vendiamo, ma questa è una minaccia, un’intimidazione,


– che poi gli insulti sono sgradevoli, le minacce si denunciano specie in una trattativa, ma nessuno denuncia e devo dedurre che non di minacce si tratta –.

Tu non sei capace. Sarai capace tu!, l’ho scritto pure su Facebook, e poi ho letto un tuo status che mi trattava male – perché le trattative si fanno con gli status. Io so farlo, allora fallo! No, non lo posso fare. E allora? Allora non lo fai nemmeno tu. Lascio, ma non a te, a quell’altro. Allora me ne vado, no, me ne vado io, allora andiamocene   tutti e lasciamo. No, non lasciamo. 

Ma che cazzo state combinando? No, che cazzo state combinando voi. Non abbiamo soldi per continuare. Allora non continuate! Ma abbiamo speso soldi. E allora? Ma abbiamo salvato il pallone. E grazie, in eterno, però mo’? Non sono sicuro di aver ragione, ma tu hai torto. In mezzo, il pallone.

Facciamo così, quando avete finito avvisateci. Sempre se non è tutto finito già prima."



























Il Guest Writer


Fulvio Paglialunga nasce giornalista sportivo, autore del libro
"Ogni benedetta domenica", scritto al termine di una sua positiva esperienza radiofonica. 
 
"Ogni benedetta domenica"

E' il calcio raccontato aldilà della tecnica. Tifoso sfegatato del Taranto, Fulvio ha scritto sempre e tanto della sua squadra del cuore, seguendo tutte le sue vicissitudini e, anche se adesso il lavoro lo ha portato a Roma, continua a seguire tutto ciò che accade alla società calcistica. In questo post, scritto di cuore, esprime tutta la sua amarezza per l'ennesima farsa riguardante il Taranto il cui futuro è ancora incerto e nebuloso..Anche il calcio è tra gli specchi di una Taranto inesorabilmente alla deriva..
















La gioia e il dolore in pochi istanti




Mi piace pensare che quando trascorro delle serate come quella di ieri tutto possa andare per il meglio. Una serata di chiacchiere con tanti vecchi amici con i quali non riesci a vederti più come prima..e non perché non lo voglia, ma semplicemente perché i ritmi quotidiani cambiano. Una serata organizzata da un'amica nell'ambito della Festa degli Architetti in cui ci siamo ritrovati vecchi amici e colleghi. E ieri sera sono tornata in pace col mondo.

  • Quella trascorsa non è stata una settimana facile perché quando ti ritrovi a raccontare,  e cerchi di farlo nel modo più delicato possibile, dell'omicidio brutale di un uomo che ha avuto la sventura di incontrare sulla sua strada un balordo..allora ti rendi davvero conto di quanto sia labile la vita di ciascuno di noi e di quanto sia importante viverla appieno e di quanto spesso ci si perda dietro a cose di poco conto. E' in momenti come quelli vissuti a scrivere della scomparsa assurda di un uomo che hai la reale percezione della fragilità e delle fragilità umane e della necessità di recuperare il rapporto con te stesso. Ci penso da qualche giorno e ancora non riesco a credere che possano accadere cose del genere.
  • In questo mare di negatività,  però,  sono stata felicissima di incontrare e abbracciare dopo tanto tempo il mio amico e collega Stefano Mastrolitti e sono state felice di "giocare" insieme a lui, improvvisando una intervista registrata con un iphone e montata egregiamente dal mio uomo ombra, colui che nel mio blog rende possibile l'impossibile. Grazie a chi, direttamente e indirettamente, anche questa settimana mi ha dato la possibilità di provare tante emozioni.

Grazie anche a chi sta permettendo al mio blog di crescere..



Alla Prossima Settimana 
DiScOnNeSsA SeMpRe.












La vita e la libertà..


L'omicidio efferato di un brillante ingegnere tarantino lascia sgomenti. Lascia sgomenti perché è stato assassinato come un animale per mano di un balordo, tossicodipendente, folle che non ha rispetto nemmeno della sua stessa vita.  
Cataldo Pignatale  poteva essere e può essere ciascuno di noi..perché ciascuno di noi può essere avvicinato da un soggetto del genere e minacciato con un coltello o con qualsiasi altra arma. Non voglio neppure immaginare cosa abbia potuto provare in quei momenti

Aldo Pignatale, cosa può aver pensato o detto a quel balordo che lo teneva sotto tiro con un coltello. Il tentativo disperato di sfuggire alla furia omicida, alla follia, alla morte. Una fine drammatica che porta a delle riflessioni. E ancora una volta porta dritto a pensare a tutti quegli investigatori che indagano e portano a casa risultati che poi vengono mandati in frantumi da un sistema giudiziario che non riesce a dare delle risposte reali e concrete, che non riesce a fornire garanzie ai cittadini..qualche giorno fa parlavo proprio con uno dei tanti rappresentanti delle forze di polizia e ho capito che, nonostante ce la mettano tutta per portare a termine il loro lavoro, in tanti sono demotivati, sconfortati, soli con i loro ideali..quegli ideali che ancora resistono..nonostante tutto..

La vicenda di Pignatale deve far capire a chi di competenza che non c'è riabilitazione che tenga per soggetti come l'assassino del professionista. Credo che neppure il più garantista dei giudici possa consentire che un pazzo, violento, pericoloso socialmente, cocainomane, resti a piede libero. Le misure alternative al carcere con questi individui non funzionano..sono marci nell'animo e ormai su una strada di non ritorno..e solo per un caso fortuito nel 2009 quella prostituta nigeriana, aggredita violentemente dalla stessa persona che ha barbaramente ucciso Pignatale, non morì sotto le coltellate infertegli a spalla e volto. No, mi dispiace dirlo, ma non si può avere pietà in questi casi, non si può perdonare, non si può tentare il reinserimento..ci sono essere umani il cui marcio - purtroppo - resterà per sempre e se questo vuol dire ammazzare senza se e senza ma con inaudita violenza come si può pensare positivo???.. Solo una cosa..mi auguro che chi ha la responsabilità delle decisioni sulla libertà di individui del genere sappia cosa è meglio..non per la vita del soggetto interessato ma per quella di esseri umani che vivono una vita normale..














Stefano.."non ditegli che e' arrivato secondo"




Stefano.."non ditegli che e' arrivato secondo" 
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Questo è un guest post scritto... per Stefano Mastrolitti..

Una delle emozioni più belle l'ho provata quando ho visto Stefano a Rds..si, tra i 12 partecipanti a Rds Academy..
Stefano Mastrolitti è un collega e amico, cioè prima collega e poi amico, ma adesso è prima di ogni altra cosa amico.. bhe si insomma.. non portiamola alla lunga.. Stefano e io ci siamo conosciuti quando lavoravamo nella stessa azienda e poi siam diventati amici..questa volta il mio GuestPost ospita proprio lui..brillante,  dinamico, simpatico, ironico..insomma è molto meno peggio di quanto sembri..ve lo assicuro..e ve lo dimostriamo in questo video..Stefano ha una grande carica positiva e sorride sempre.. è il suo modo di affrontare al meglio i problemi..Ora però..sedete comodi e godetevi questa chiacchierata tra lui e me.."chiacchierata" per dire..chiediamo scusa in anticipo a tutti per quello che vedrete e sentirete..
Ah dimenticavo..a Rds Academy è arrivato secondo..ma vi prego non glielo ricordate se davvero non volete conoscere la parte peggiore di lui..come se ce ne fosse bisogno..vabbe'..

Buona visione..





















I vuoti riempiti dalla fotografia..


Taranto è ricca di professionalità, di uomini e donne capaci di dare un reale contributo a quella Taranto che ha bisogno di linfa vitale. Uomini e donne che nel loro piccolo contribuiscono a farla conoscere non solo per le sue negatività. Uno di questi è Vito Leone. Un documentatore, così lui ama definirsi. Non un fotografo. La fotografia è la sua passione e il suo diletto. Vito lavora nel campo della comunicazione. E’ un amico e un collega. E’ un uomo brillante, dinamico, discreto, ironico, simpatico. E’ tarantino doc, tarantino del quartiere Tamburi dove la grande industria ha lasciato impressa la sua impronta, disgraziatamente. Per questo motivo l’industria è parte della vita di Vito. I suoi scatti raccontano di lui anche se è un tipo di fotografia che può non piacere. Eppure basta saper osservare per comprendere che Vito, con le sue fotografie, esprime se stesso, la sua voglia di andare oltre le apparenze, il suo desiderio di scoprire i particolari. Lui è così nella vita. Un uomo che non si ferma. Mai.



























La mia ricerca fotografica - mi racconta Vito - parte dall’amore per il minimalismo - corrente degli anni '70 il cui principio si racchiude nel “less is more” - e arriva al nuovo modo di fotografare i paesaggi urbani ed industriali che fu di Gabriele Basilico e della scuola tedesca dei coniugi Becher. Un tipo di fotografia fredda, priva della presenza umana di cui si percepisce solo il passaggio”. Fredda, si. Freddo può sembrare lo scatto eppure per Vito fotografare un edificio è come scattare un ritratto ad una persona, trovarne il centro non solo simmetrico ma anche spirituale, cercarne la bellezza anche quando non è evidente.























Amo i non-luoghi, se così si possono definire. I luoghi ghettizzati, abbandonati, emarginati. In buona sostanza ama soffermarsi su ciò che gli altri non vedono o preferiscono non vedere. I suoi sono gli scatti delle periferie, di un palazzo fatiscente, delle stazioni, degli spazi senza identità e senza dignità, quei posti anonimi che tutti trascurano perché non ne vedono la bellezza. E Vito vede quella bellezza perché va oltre, appunto. Con le sue fotografie lui riempie quegli spazi lasciati inesorabilmente e tristemente lasciati vuoti. E’ come se desse delle risposte a delle domande a cui nessuno è in grado di dare un senso.


Vito ama ritrarre gli scorci urbani, i particolari di edifici e chiese non finiti o di periferie. La struttura architettonica, dice, perde il suo valore d'uso quotidiano e diventa metafora, simbolo, linea, essenza: l'idea nella mente dell'architetto, proiettata nello spazio, viene catturata dalla fotografia. Il risultato è uno studio comparato sulle forme che si ritrovano nella perfezione del design e – in assoluto – nella matematica. Un processo di "sottrazione" del segno che si ricompone nella semplicità dell'immagine, che, alleggerita dalle ridondanze, si assolutizza in linee e colore.





L’interesse artistico non è al significato dell'immagine in sé, ma alla tensione tra i materiali e le forme e al loro comportamento nello spazio. Una fotografia apparentemente "fredda" e forse triste, ma che l'osservatore può interpretare con la sua personale sensibilità, liberandosi dai codici di lettura convenzionali; dettagli urbani che sono spesso sotto i nostri occhi senza che siano “letti” artisticamente ma che ognuno può sentire propri.


Negli ultimi giorni ha esposto le sue opere al Mudi di Taranto in una mostra intitolata Vuoto Solido nell’ambito della Festa degli Architetti, ma non è la prima volta. Diverse le esposizioni anche a Grottaglie e a Lecce. Vito ha pubblicato il libro di fotografia “L’arte inconsapevole” BLURB editore. Vito rende omaggio, con i suoi scatti, alla sua città violentata da decenni. Un modo per restituirle, nel suo piccolo, un po’ di dignità, per riempire quei terribili vuoti che si scorgono nei paesaggi che fotografa.

Vito è un uomo alla continua ricerca dei dettagli, dei particolari, dei perché, dell’oltre le apparenze, di sé stesso.