L'emergenza immigrazione ha un sapore davvero amaro perché, aldilà delle comsiderazioni che ciascuno di noi possa fare, l'arrivo a Taranto di 2600 poveri cristi apre per l'ennesima volta uno spaccato nelle nostre vite. Non è una questione di solidarietà, non è solo quella, è molto di più. E' una questione di coscienza, una questione morale. Uomini, donne, bambini in fuga dalla guerra, dai loro paesi, forse da loro stessi e in cerca di serenità (chissà ovunque andranno se mai la ritroveranno). Le fasi successive allo sbarco ( quelle immediate sono state seguite in modo ineccepibile dalla Marina, dal 118, dalla Croce Rossa, dalle forze dell'ordine) sono senza alcun coordinamento e organizzazione. Tutto è lasciato nelle mani di tantissimi volontari che stanno facendo di tutto per alleviare, per quanto possibile, i dolori di questa gente. Il vero problema è delle istituzioni - a tutti i livelli - che non vogliono prendere coscienza, o forse non conviene, che l'immigrazione non è più emergenza, è fatto reale e quotidiano che coinvolge tutti noi. Ciascuno di noi - da che mondo è mondo - è figlio di una guerra, di un immigrato, di un rifugiato politico e non dobbiamo dimenticarlo. Gli sporchi interessi che si nascondo dietro l'immigrazione e ciascun profugo sono tanti, troppi, ma tocca a noi, nel nostro piccolo, fare qualcosa per potersi poi guardare allo specchio senza aver perso la propria dignità. Voltarsi dall'altra parte vuol dire voltare la faccia a noi stessi. Siamo tutti uguali nella diversità di razze, culture, religioni. Siamo comunque figli di uno stesso Dio. Grazie ai volontari e a chi ha il coraggio di dare voce alle proprie idee.
I profughi e il cuore dei volontari
L'emergenza immigrazione ha un sapore davvero amaro perché, aldilà delle comsiderazioni che ciascuno di noi possa fare, l'arrivo a Taranto di 2600 poveri cristi apre per l'ennesima volta uno spaccato nelle nostre vite. Non è una questione di solidarietà, non è solo quella, è molto di più. E' una questione di coscienza, una questione morale. Uomini, donne, bambini in fuga dalla guerra, dai loro paesi, forse da loro stessi e in cerca di serenità (chissà ovunque andranno se mai la ritroveranno). Le fasi successive allo sbarco ( quelle immediate sono state seguite in modo ineccepibile dalla Marina, dal 118, dalla Croce Rossa, dalle forze dell'ordine) sono senza alcun coordinamento e organizzazione. Tutto è lasciato nelle mani di tantissimi volontari che stanno facendo di tutto per alleviare, per quanto possibile, i dolori di questa gente. Il vero problema è delle istituzioni - a tutti i livelli - che non vogliono prendere coscienza, o forse non conviene, che l'immigrazione non è più emergenza, è fatto reale e quotidiano che coinvolge tutti noi. Ciascuno di noi - da che mondo è mondo - è figlio di una guerra, di un immigrato, di un rifugiato politico e non dobbiamo dimenticarlo. Gli sporchi interessi che si nascondo dietro l'immigrazione e ciascun profugo sono tanti, troppi, ma tocca a noi, nel nostro piccolo, fare qualcosa per potersi poi guardare allo specchio senza aver perso la propria dignità. Voltarsi dall'altra parte vuol dire voltare la faccia a noi stessi. Siamo tutti uguali nella diversità di razze, culture, religioni. Siamo comunque figli di uno stesso Dio. Grazie ai volontari e a chi ha il coraggio di dare voce alle proprie idee.
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