Telenorba, licenziamenti e..altre storie!!!


 Telenorba licenzia.. cronaca di una morte annunciata. 




Telenorba annuncia due anni fa il licenziamento di 43 dipendenti, tra giornalisti e tecnici, questa notizia non arriva sicuramente come un fulmine a ciel sereno. Anzi.. è stata una morte lenta e dolorosa per questi 43 "operai" dell'informazione la cui unica pecca, forse, è stata quella di non lottare con le unghie e con i denti per difendere la propria dignità. A cosa sarebbe servito??? A nulla probabilmente e, forse, anche per questo non ci hanno provato e li capisco.. eccome se li capisco.. però probabilmente sarebbe servito a ciascuno di loro per dire a un'azienda che mai li ha rispettati e sempre li ha umiliati: "Ecco. Ci sono. So bene che mi stai buttando fuori, ma niente ti da il diritto di calpestare la mia dignità e i miei diritti".

La notizia risale a diversi giorni fa e fino a oggi sono stata in silenzio perchè non so più cosa dire. In quest'ultimo anno, cioè da quando ho sbattuto la porta e sono andata via da Telenorba, credo di aver detto anche troppo. Tuttavia parto dalla vicenda Telenorba per poi fare delle riflessioni su tante altre aziende che come quella di Conversano agiscono nello stesso identico modo. Minacce e ricatti. Vessazioni e umiliazioni. Certamente non è solo il mondo dell'editoria che tratta come schiavi i suoi dipendenti. E' un modo conclamato di qualsiasi tipo di azienda e di imprenditore. E oggi è ancora più diffuso. Oggi che lavoro ce n'è poco o non ce n'è proprio. L'unica alternativa è lavorare e stare zitti. Ringraziare pure chi quel lavoro te lo dà. Come se non fosse un diritto il lavoro. Come se non fosse un diritto un lavoro dignitoso. 


La crisi sembra il giusto alibi per imprenditori avvezzi a crearsi imperi con finanziamenti pubblici, sfruttando i suoi dipendenti, salvo poi buttarli fuori quando non servono più, dopo aver sfruttato al meglio gli ammortizzatori sociali (solo alcuni ammortizzatori sociali sia chiaro). E già perchè il contratto di solidarietà non va giù a Telenorba. Diciamo pure che non va bene ad alcuni giornalisti di Telenorba. Beh si.. solidarietà zero. E' stato sempre così. Sia chiaro. Ci sono giornalisti di serie A e giornalisti di serie B. Ci sono i figli di..., gli amici di..., quelli che hanno scheletri negli armadi, gli stessi che condividono con l'azienda e così via..

Professionalità e meritocrazia non vincono, no. Telenorba è solo uno dei peggiori esempi di "fare impresa" in questa Italia che va a fondo, che è nelle mani sempre e soltanto dei poteri forti, di politicanti attaccati alle poltrone e ai soldi, agli imprenditori che con quei politicanti fanno gli "accordi"".. non sono imprenditori, sono faccendieri della peggiore specie che amano circondarsi di "portaborse" che fanno i loro interessi, che stanno lì.. a servirli e riverirli. Si badi bene. Ci sono imprenditori e imprenditori. Perchè ci sono pure quelli che impresa la vorrebbero fare correttamente e la fanno, ma sembrano oasi nel deserto. Cosi come ci sono lavoratori e lavoratori.

Telenorba, però, oggi sacrifica uomini e donne che all'azienda hanno dato e tanto pure. Ci sono colleghi che stanno tentando di crearsi una alternativa e non è facile, chi già se l'è creata e chi un alternativa non ce l'ha e non sa dove cercarla. Due anni fa arrivarono le prime lettere di licenziamento, come un fulmine a ciel sereno perchè nessuno aveva avuto il coraggio di guardarti in faccia e dire che la situazione era critica. No. Come in una assemblea dei giornalisti, che precedette di poco quelle lettere, in cui si chiedeva la disponibilità a cominciare a utilizzare le telecamere. 



Quella sembrò più una occasione ghiotta per l'azienda per stilare la lista dei buoni e dei cattivi, dei disponibili e degli indisponibili al solo fine di capire chi era aziendalista e chi no. Come se essere aziendalisti non voglia dire lavorare da mattina a sera, senza orari, e portare a conclusione il lavoro iniziato, non battere ciglio sugli orari, non essere retribuiti sugli straordinari, non essere neppure ringraziati. No, non ringraziarti per quanto stai facendo che è tuo dovere e ti è pagato, ma per quanto stati facendo di più e senza lamentarti. Aziendalista per questo tipo di aziende evidentemente ha un significato diverso. Motivi per proclamare uno sciopero, già all'epoca, ce ne sarebbero stati e anche tanti. La paura della maggior parte dei giornalisti, però, era troppa. Paura di ritrovarsi nel mirino dell'azienda. La stessa paura di alcuni se nelle elezioni del CDR, l'organismo interno a una redazione che dovrebbe accogliere le tue rimostranze e lottare per i tuoi diritti calpestati dall'azienda, non voti chi ai "capi" non è vicino. Anche quelle, elezioni pilotate.



Non mi pento di essere andata via da Telenorba un anno fa. No. Lo avrei fatto prima. E qualcuno lo sa bene. Perchè non mi stavano più bene lavorare in una azienda e per una azienda che i diritti e il rispetto per un lavoratore, ma prima ancora per un essere umano, non li conosce. Non è solo una questione lavorativa. Assolutamente no. E' una questione di umanità. E umanità non esiste. E io non voglio e non posso credere che in una azienda qualsiasi tutto ciò non possa esistere. Non posso credere che imprenditori e lavoratori debbano essere necessariamete "nemici" e non avere rispetto l'uno dell'altro.




Ho ricordi bellissimi di Telenorba che, comunque, professionalmente mi ha dato la possibilità di crescere e di conoscere tante belle persone con cui tutt'ora sono in contatto. Uno su tutti è Marco. Non me ne vogliano gli altri, ma tra quelli che oggi rientrano nei licenziamenti è colui con il quale ho lavorato più a stretto contatto. Marco - il "mio flysta preferito" - è colui con il quale ho condiviso momenti belli e brutti, lacrime e gioia, pioggia, vento, freddo, caldo, sole.. dirette difficili e più leggere.. giornate intere senza neppure poter mangiare. Marco e io siamo la prova che un tecnico e un giornalista possono lavorare gomito a gomito, per intere giornate e nelle peggiori situazioni, ciascuno nel rispetto dell'altro. E non solo dal punto di vista professionale. Grazie Marco. Il mio grazie a lui per dire grazie a tutti gli altri per il lavoro che sempre compiono.




E grazie ai colleghi giornalisti. A quelli veri e sinceri. A quelli che si sarebbero battuti come me e a quelli che non hanno avuto e non avranno mai il coraggio di farlo e non perchè hanno paura di perdere il posto di lavoro, uno stipendio "sicuro"(???), avendo anche famiglie da mantenere, ma semplicemente perchè non hanno rispetto per sè stessi e per la propria dignità. I licenziamenti a Telenorba sono l'emblema di quanto sta accandendo a livello regionale nel settore dell'editoria e tutto nel silenzio assordante delle stesse istituzioni che hanno contribuito a fornire alle stesse imprese i finanziamenti pubblici.

Mi piace continuare a pensare che, nonostante tutto, in questa Italia ci sia ancora una speranza. Una speranza per i giovani e per i meno giovani. Per imprenditori e per lavoratori. Ciascuno di noi, forse, dovrebbe cominciare a pensare seriamente che alla fine siamo tutti essere umani e tutti uguali. Tutti fragili e deboli, allo stesso modo, dinanzi a situazioni che nessuno di noi può governare.   



 











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