Testimone della Fede, il Cammino di Santiago


















 Il Cammino di Santiago . Cosa è. Chi lo intraprende. Perché. Cosa spinge i pellegrini a percorrere centinaia e centinaia di chilometri a piedi. La fede, l’avventura, lo sport, il turismo. Io non l’ho fatto. Ho già avuto modo di spiegarlo. In tre giorni ho cercato di “dare un’occhiata” a pochi dei posti più suggestivi contemplati ne Lo Chemin de Santiago . Ho cercato di “spiare” nell’anima di quei pellegrini che hanno deciso di sfidare persino le intemperie invernali. Tra loro ho conosciuto Luigi che era al suo decimo cammino e ciascuno di essi gli ha regalato emozioni diverse, gli ha offerto opportunità diverse. Opportunità, attenzione, che insegnano a conoscerti più intimamente. Luigi, al suo ritorno dal Cammino di Santiago, ha deciso di condividere le sue sensazioni più belle e di aprire il suo cuore. E di questo lo ringraziamo. Lo ringraziamo per le emozioni e per le belle foto che ci ha regalato.

Guest Writer  Luigi Gatti.


Luigi Gatti  e nato e cresciuto a Bergamo, ha 42 anni, un ex manager, che ha deciso dopo una vita passata tra Italia , Spagna e Giappone di affrontare una sfida ancora più grande, quella di Viaggiatore dell'Animo. Appassionato di pellegrinaggi, attualmente e' al suo decimo cammino, vari percorsi verso Santiago (Cammino Francese, Cammino del Nord, Cammino Primitivo) e cammino di Shikoku in Giappone. Luigigtt@gmail.com

Testimone della Fede, il Cammino di Santiago
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Questo è un guest post scritto da Luigi Gatti


“Camminando in solitaria nei boschi della Navarra, in un silenzio reso ancor più ovattato dalla neve, mi si riproponevano in particolar modo due domande: "Che cosa provi mentre cammini?", "Che cosa ti rimane una volta ritornato a casa?".

Passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, i mie pensieri si sono fatti più nitidi, ed ora, dopo quasi cinquecento chilometri percorsi a piedi e a quattro giorni dal mio rientro, sono in grado di rispondere: "Che cosa provi mentre cammini?".

“A percorrere il Cammino si parte in gruppo o in coppia, ma dopo pochi chilometri, ci si ritrova soli


Dinanzi a te solo un interminabile sentiero che serpeggia tra la natura e alle tue spalle il nulla. Ognuno ha il proprio passo, la propria andatura, la propria cadenza: genera una sua sinfonia. Ne nasce un mantra, fatto di una sonorità unica e particolare, creata dell’incedere dei suoi passi che si fondono con il rumore del bastone che impatta sul terreno. Quello, il bastone, solo quando sei solo riesci a sentirlo e a godere del suo risonare. Già questo sarebbe sufficiente per iniziare a “sentire”.

Poi lo sforzo e la fatica, aggiunti alla neve, alla pioggia, alla grandine e al vento gelido di questo cammino invernale, contribuiscono all’inevitabile processo in cui i tuoi sensi si acuiscono. I tuoi sensori emozionali vengono letteralmente scartavetrati da sudore ed intemperie e rimangono scoperti, esposti e messi a nudo.

In quel preciso istante ti guardi attorno e vieni sopraffatto dalla bellezza di ciò che ti circonda: i colori vividi del paesaggio, toccare il terreno e percepirne la consistenza, sentire il vento e godere della sua freschezza, bere dell’acqua e gioire della sua ricchezza.

L´anima della natura dialoga direttamente con la tua. Allora ti cedono le ginocchia, il respiro si fa affannoso ed inizi a singhiozzare, il tuo pianto si fa copioso e la tua felicità non ha più confini: ti senti improvvisamente vivo. Adesso i chili di fango accumulati sugli scarponi pesano quasi meno delle lacrime che appannano il tuo sguardo. Personalmente non mi sono mai sentito così vicino a “Dio” come in questi momenti. É l’energia della creazione, una potenza unica, che pur essendo visibile quotidianamente, non siamo però in grado di percepire con tale lucida chiarezza e dirompente forza.

Po arrivi all’ostello. Togli lo zaino dalle spalle e hai quasi la sensazione di volare mentre i tuoi sensi sono ancora amplificati. Probabilmente per questo motivo, riesci a comunicare con gli altri pellegrini, a condividere con loro un pasto, un'emozione vissuta durante la tappa in modo così vivo e speciale. Empatizzi senza indugi con persone appena conosciute sebbene talmente diverse da te per provenienza, cultura e lingua, la tua nuova piccola famiglia itinerante.

Non è solo la fame, ma la tua predisposizione a "sentire" che trasforma una cena qualunque in un banchetto vivace dal cibo squisito.

Camminando in questo modo, distrai l’Ego, allontani il superfluo e rimani con la sostanza di quello che vedi, tocchi, senti e soprattutto sei.

Una signora, che decise di passare una sua domenica pomeriggio camminando con me, mi chiese di spiegarle con parole semplici questa mia affermazione, per lei poco chiara. Da lí ne nacque una metafora, forse quasi divertente ma, secondo me, dalla verità profonda: l’uomo è come un'insalata. Lattuga, pomodoro e carote ne sono l’essenza, ovvero l'Essere. I condimenti, più o meno abbondanti, ne sono l’abbellimento per rendere il tutto più appetibile e saporito, l' Ego.

Quindi camminare ti porta a ripulire l’Essere dall'Ego per poterne apprezzare a fondo il vero "sapore" naturale.

Adesso, a quasi una settimana dal rientro, posso rispondere anche alla seconda domanda: "Che cosa ti rimane una volta ritornato a casa?".


Le indicazioni del cammino sono delle frecce gialle. Nelle zone rurali le puoi trovare su sassi, alberi o muretti in pietra mentre nelle città le puoi scorgere su cartelli stradali o disegnate sulle facciate di alcune case. Quante volte sono stato in città come Pamplona, Burgos o Leon e mai me ne ero accorto? Ma loro sono sempre state lì, da moltissimi anni, sempre lì.

Mentre cammini, capita di distrarsi e a volte ti chiedi se sei sul cammino o se invece hai sbagliato direzione. Continui a camminare cercando qualche freccia, prosegui e attendi di vederne un'altra, in modo da essere sicuro di essere ancora sulla strada giusta. Una macchia di muschio giallo magari ti illude, continui a camminare ma un senso di smarrimento inizia a crescerti dentro. Poi, d’improvviso, la nebbia si dirada e nel bel mezzo di una torma di cavalli selvaggi, intravedi quei tratti gialli raffigurati su di un pilone: sei sul cammino corretto, non devi tornare indietro e continui con rinnovato spirito ed entusiasmo.



 Questo è quanto mi succede quando torno a casa: ritorno alla normalità, rimetto la corazza indispensabile per rientrare nella società. Vivo la mia quotidianità e talvolta mi sento smarrito. A volte vedo atteggiamenti che reputo sbagliati, sento discorsi aridi, ben più aridi dei desolati sentieri che ho percorso. Del muschio giallo mi illude ma non demordo e magari in un sorriso sincero, in una parola gentile, in un aiuto disinteressato, in una serata fra amici o in un amore trasparente posso ritrovare quelle stesse frecce gialle.

Proprio loro ogni volta mi fanno capire, che questa mia vita, pur essendo talvolta un cammino complicato, è quello che devo percorrere affinché mi possa sentire vivo ed in armonia con me stesso. Queste frecce sono sempre state lì, da moltissimi anni, sempre lì. Solo prima non ero in grado di vederle con cosi lucida chiarezza e dirompente forza.



E’ questo che mi porto dentro. Sono questi segnali che ogni giorno mi sussurrano:

"Sigueadelante, animo y buon camino peregrino!”. 

















































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